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Il mondo dello sport al tempo del Coronavirus: riflessioni di un uomo di sport


L’emergenza sanitaria che abbiamo vissuto, e che speriamo di metterci presto alle spalle, ci ha costretto a riprogrammare la nostra quotidianità e le nostre abitudini, anche in materia sportiva. 

Siam restati chiusi in casa per tanti giorni, senza poter uscire, incontrare parenti e amici, fare sport o coltivare le nostre normali abitudini, al fine di contrastare questo dannato nemico invisibile, che ha causato tanto dolore a troppe famiglie italiane.

Anche il nostro amato mondo dello sport si è fermato: gli impianti sportivi son rimasti chiusi, gli allenamenti sospesi e tutte le manifestazioni rinviate a data da destinarsi. 

Forse in molti hanno pensato che lo sport sia una di quelle attività che può essere sacrificata a favore della sanità pubblicata e che una manifestazione di Judo, Karate, Danza Sportiva o Calcio annullata o un periodo senza allenamenti, non siano poi la fine del mondo.

In parte è condivisibile, ma per chi vive e dedica allo sport molte ore del proprio tempo, questo stop ha comportato una completa rivoluzione nella propria vita.

Mesi e mesi di duro lavoro, di fatica sia fisica che mentale, di ore passate in palestra, in piscina, in un campo da calcio o su un tatami, in previsione di importanti eventi e gare, che chissà quando verranno recuperate.

In questi tempi drammatici, purtroppo, si è assegnato allo sport la veste di un protagonista inopportuno, a cui è stata data più importanza di quella che in realtà avrebbe dovuto avere, importanza giustificabile solo con la mole di soldi che alcuni movimenti sono in grado di muovere (ogni riferimento alla ormai ribattezzata “azienda calcio” non è puramente casuale). 

Si inseguono allora i moralisti dell’ultima ora pronti a bacchettare chiunque provi a spostare il dibattito sui bisogni di chi ha fatto dello sport la propria professione e dalla quale trae con molta fatica un medio stipendio mensile, oppure di chi, durante la propria esistenza, lo ha sempre praticato ed in questo duro periodo è stato invece confinato in casa.

Dall’ormai famoso 25 Maggio 2020, data storica per la ripresa delle attività sportive, dopo due mesi di stop forzato, stiamo tutti avviando una piccola ripresa delle attività sportive, piccole cose, per carità, ma che fanno tornare in noi quelle sane abitudini di cui siamo tanto innamorati.

Certo, la ripresa delle attività ha subito qualche opportuna modifica rispetto a qualche mese prima; stiamo rispettando un protocollo sanitario e delle linee guida che stanno mettendo a dura prova gli sforzi quotidiani di chi crede nello sport e nei suoi valori etici e morali.

Ho visto strutture sportive affiliate lavorare di notte, con la passione di sempre e la voglia di tornare alla normalità, al fine di garantire, fin dal primo giorno di ripresa, una corretta disciplina delle linee guida emanate e delle innumerevoli disposizioni ( distanza di sicurezza, gel igienizzante, mascherine, temperatura, autocertificazioni, prenotazioni turni di allenamento, sanificazione e pulizia costante degli attrezzi, voucher, ) alle quali sono state sottoposte.

Io sono del parere che far ripartire lo sport è equivalso, quantomeno, a cercare di ridare a milioni di appassionati, che lo guardano o lo praticano, una miriade di esperienze positive, così da poter mettere alle spalle un momento negativo, forse, ad oggi, il più brutto della nostra vita. 

Perché lo sport, come dice il buon Arrigo Sacchi, è la cosa più importante tra le cose meno importanti e quindi tanto irrilevante non è. 

A tutto questo va aggiunto che lo sport per i giovani, ed anche per i non più giovani, è un modo per ritrovarsi, conoscersi, superare se stessi e gli avversari in un modo leale, limpido, positivo sotto tutti i punti di vista. 

È un modo per migliorarsi a qualsiasi livello, ognuno nella sua realtà amatoriale e/o professionistica. 

Non dimentichiamo, cari amici, che anche durante le guerre lo sport è stato messaggero di pace, di valori, di fratellanza tra gli stessi popoli in guerra, insomma di amore non solo di economia come appare oggi per alcuni sport professionistici. 

Pertanto, rispettiamolo e diamogli il giusto peso e la giusta attenta dignità.

Ripartiamo insieme più forti di prima!


Massimo MARZULLO

PRESIDENTE PROVINCIALE C.S.E.N. BARI


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